La questione della proroga tecnica delle concessioni per il bingo, con corredo di ricorsi e carte bollate, si conferma rebus giuridico e politico. Il Consiglio di Stato ha confermato quanto aveva stabilito nel marzo scorso, ovvero un rinvio pregiudiziale presso la Corte di Giustizia Europea. In ballo ci sono questioni delicate, come una possibile violazione delle libertà economiche dell’Unione Europea.

Concessioni bingo: rinvio pregiudiziale presso la Corte di Giustizia Europea
Proroga concessioni bingo: si torna alla CGUE
Dopo oltre due anni siamo ancora qua, a raccontarvi di un contenzioso ormai cronico che riguarda la proroga tecnica sul bingo, a cui poi sono seguiti altri avvenimenti che hanno complicato ulteriormente il quadro. Tutto aveva avuto inizio ormai ben più di due anni fa, quando alcuni operatori si erano opposti all’aumento dei canoni, ma non solo.
Gli operatori lamentavano le restrizioni alla cedibilità dei locali delle sale bingo, alcune modalità di partecipazione alle gare pubbliche e, più in generale, contestavano il mancato rispetto di principi di proporzionalità e concorrenza, nel momento in cui la normativa nazionale mette in pericolo le libertà europee di stabilimento e di impresa. Ne era derivato un pronunciamento del Consiglio di Stato, che nel febbraio del 2023 aveva chiesto l’intervento della CGUE.
L’acronimo sta per Corte di Giustizia dell’Unione Europea, organismo che ha sede in Lussemburgo e a cui viene demandata la risoluzione di contenziosi giuridici, in particolare quando normative nazionali rischiano di confliggere con quelle comunitarie. Il 20 marzo scorso era arrivato il pronunciamento della CGUE, ma il procedimento era rimasto in sospeso per dubbi da parte dello stesso CdS circa alcuni quesiti irrisolti.
Perché il nuovo rinvio pregiudiziale alla CGUE
La vicenda, di cui potete leggere il parere originario del Consiglio di Stato, si gioca – come spesso accade – su questioni interpretative. La CGUE aveva formulato una propria decisione senza rispondere pienamente ad alcune richieste sollevate dal CdS, che infatti ha deciso di rimandare alla stessa Corte di Giustizia UE il provvedimento. Una sorta di palleggio stucchevole e persino snervante, se vogliamo, ma inevitabile.
In particolare, in relazione al quesito A (se la normativa nazionale viola le libertà europee di stabilimento e impresa), il CdS attende un ragguaglio più specifico sul quesito B, ovvero il forte dubbio che – se la violazione fosse confermata – si dubita che possano sussistere motivi imperativi di interesse generale, addotti per la necessità di avere un allineamento temporale dell’avvio di procedure gara.
Il CdS ha rimandato la questione alla Corte di Giustizia UE anche per avere maggiori ragguagli sul quesito C. Ovvero, quand’anche si ritenesse che sussista il citato interesse generale, si chiede se esso non violi comunque i principi di proporzionalità e concorrenza. Il Consiglio di Stato sospetta che gli operatori, in siffatta situazione, siano impediti nell’esercizio della propria libertà di impresa, per quanto riguarda la programmazione e pianificazione delle attività.